U-Earth Biotech, guidata dalla ceo e founder Betta Maggio, grazie allo Studio Chiomenti ha vinto il ricorso al Tar Lazio contro il provvedimento del Ministero della Salute per il ritiro dal marcato di U-Mask Model 2. E ora rilancia, aprendo il mercato alla sua U-Mask 2.2. Rimane attuale il conflittuale cammino delle imprese innovative per la validazione dei loro prodotti.
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U-Earth, assistita da Giulio Napolitano e Alfredo Vitale dello Studio Chiomenti, ha proposto al Tar, che li ha accettati, il difetto di istruttoria e l’appiattimento del Ministero della Salute sulle indagini dai NAS, secondo i quali il centro analisi Clodia sarebbe stato privo di autorizzazione sanitaria e il suo responsabile sarebbe stato sprovvisto di idoneo titolo.
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Ora, la produzione va avanti con il Model 2.2, che conferma ricerca, design, tecnologia, sostenibilità. Fin dall’inizio l’articolo si è proposto come biotech, utilizzando il Biolayer, uno strato filtrante che neutralizza la proliferazione batterica. E’ riutilizzabile fino a 200 ore di respirazione effettiva e ha la parte esterna in nylon 100% rigenerato. Ogni U-Mask acquistata contribuisce a realizzare negli ospedali Pure Air Zone (aree con aria purificata) per ridurre al minimo contaminazioni. Il nylon rigenerato della cover ha permesso di recuperare nel 2020 12mila kg di rifiuti.
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Betta Maggio, ceo e founder di U-Earth, auspica che la vicenda legale che ha interessato la produzione delle U-Mask “incentivi maggiormente il dialogo tra istituzioni e impresa nel complicato percorso di validazione di prodotti innovativi. E’ fattibile, e le giovani imprese italiane se lo meritano”.