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DOPO LA PANDEMIA, DE DANIELI: PER LE IMPRESE, LA SFIDA E’ L’ETHICAL BRANDING

La pandemia ha cambiato il mondo. L’emergenza sanitaria internazionale ha avviato una trasformazione, sempre più accelerata e caratterizzata da determinazione e convinzione, di stili di vita e consumi. Lo confermano le ricerche, anche quella internazionali, come la recente The Future of Good, o i dati raccolti e analizzati da Wunderman Thompson, che mettono in primo piano l’ethical branding. Una sfida fondamentale per le imprese, guardando all’orizzonte della transizione energetica e al PNRR.

La parola d’ordine è sostenibilità. Commenta il tema Giuliano De Danieli, esperto di digital marketing e founder di Prima posizione, agenzia specializzata nei servizi integrati alle imprese per le vendite offline e online. E ricorda “l’entità dei fondi del PNRR che il governo destinerà alla ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’, quasi il 60% dei 191,5 miliardi complessivi in arrivo nel nostro Paese”

“L’ethical branding, le credenziali etiche delle imprese – dice – si traduce in un vero e proprio codice comportamentale che dovrà guidare le realtà italiane verso un nuovo modo di concepire la funzione aziendale in chiave sostenibile. Si tratta quindi di tradurre i propri valori in gesti concreti e misurabili. E non dimentichiamo che le nuove generazioni sono molto più attente e consapevoli nelle abitudini d’acquisto di quelle che le hanno precedute. Tenderanno perciò a favorire aziende mosse da una maggiore attenzione ambientale, autenticità dimostrabile e una produzione realmente sostenibile”.

Giuliano De Danieli


Un approccio, questo, dai risvolti importanti anche sotto il profilo economico. “La qualità dei prodotti e servizi – spiega De Danieli – è ormai data per assodata e, in un contesto socioeconomico in continuo mutamento, a fare la differenza saranno caratteristiche aggiuntive come le credenziali etiche. Oggi le imprese non possono più operare considerandosi come realtà a sé stanti – prosegue il fondatore di Prima Posizione – ma dovrebbero aspirare a sentirsi parte di un ecosistema globale che parte innanzitutto dalla tutela ambientale”.

Proprio la compagnia Wunderman Thompson ha rilevato che il 66% degli intervistati preferisca acquistare da marchi che esercitano un impatto positivo sul pianeta. “Ma attenzione al rischio greenwashing e alle false attestazioni eco-friendly. – avverte De Danieli – La strategia di costruzione di un’immagine aziendale positiva deve essere sorretta da attività e prodotti coerenti con quanto comunicato. La sensibilità circa l’impatto ambientale è una tematica sempre più al centro del dibattito, e un impegno reale verso la direzione della sostenibilità non può mai essere dettato da finalità commerciali che nulla hanno a che vedere con la tutela dell’ambiente. Operatività e credenziali etiche, insomma, dovranno diventare per le imprese due percorsi che procedono in parallelo e si guardano a vicenda”.

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