Competenze digitali e apprendimento: di questo connubio si occupa un recente libro scritto da Costantino Formica, L’innovazione al tempo della trasformazione digitale, edito da Giapeto.
Il volume nasce dall’impegno dell’Associazione NOI-Napoli Open Innovation, operativa da un decennio, a livello locale, nazionale ed internazionale con l’obiettivo di favorire la diffusione dell’apprendimento e dell’aggiornamento permanente, intesi come motore dell’innovazione e fattore chiave dello sviluppo.
Apprendimento, competenze e diffusione delle conoscenze si coniugano oggi con la cultura digitale. Un dato di partenza inquietante: con l’Italia quintultima in Europa, si evidenzia un lento miglioramento nell’Agenda Digitale.
Il Paese va avanti su infrastrutture e PA digitale, meno in materia di competenze e uso del web: tutto questo emerge dal Digital Economy and Society Index (DESI), che misura lo stato di attuazione dell’Agenda Digitale nei Paesi europei.
Le aree di maggior ritardo sono il capitale umano (26° posto), l’uso di Internet (25°) e l’integrazione delle tecnologie digitali (23°), mentre nella connettività (19°) e nei servizi pubblici digitali (18°) si registrano i maggiori progressi.
Si cresce rispetto al resto d’Europa: il nostro punteggio complessivo sul DESI è pur migliorato di 5 punti (da 38,9 nel 2018 a 43,9 nel 2019), contro i 2,7 punti della media europea.
Tuttavia le regioni italiane si posizionano sotto la media europea. La regione più digitale è la Lombardia. Il Sud permane arretrato, con la Calabria, ultima in classifica, preceduta da Molise, Abruzzo e Basilicata.
Il libro declina la cultura digitale e l’innovazione in numerose ed esemplari esperienze e prospettive, dalla didattica all’industria, dalla finanza all’uso razionale di risorse e tecnologie per l’ambiente e l’energia, dalla cultura digitale della Pubblica Amministrazione alla comunicazione.
Ne emerge un quadro di saperi e di analisi, narrazioni e punti di vista, slancio civile e passione scientifica, unite da un filo logico e coerente.
Nonché la necessità di policy di lungo periodo per ridurre, nelle famiglie e nelle imprese, il gap dell’alfabetizzazione digitale rispetto agli altri Paesi europei.
Occorre ridurre drasticamente l’analfabetismo tecnologico, fonte degenerativa di nuove povertà culturali e freno alla produttività del nostro tessuto economico e alla vocazione al futuro, soprattutto per il Sud.
“La prima finalità dell’insegnamento è stata formulata da Montaigne: è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena. Cosa significa “una testa ben piena” è chiaro; è una testa nella quale il sapere è accumulato, ammucchiato, e non dispone di un principio di selezione e di organizzazione che gli dia senso”. Una testa ben “fatta” significa che invece di accumulare il sapere è molto più importante disporre allo stesso tempo di: un’attitudine generale a porre e a trattare i problemi; principi organizzatori che permettano di collegare i saperi e di dare loro senso”.: così Edgar Morin, filosofo e sociologo francese.
Per dirla con lui, dobbiamo stimolarci a raccogliere la sfida culturale dei nostri tempi, per affrontare con decisione l’isolamento disciplinare e l’inadeguatezza di saperi, competenze e trasversalità nell’innovazione digitale.