Ingranaggi e trasmissioni meccaniche sono di casa nella Motor Valley emiliano-romagnola, che ora sviluppa anche nanotech. Un team di ricercatori dell’Università di Bologna e del l’Istituto per la sintesi organica e la fotoreattività del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Cnr-Isof) guidato da Massimo Baroncini e Alberto Credi, ha progettato, costruito e collaudato NanoGear, un congegno costituito da componenti molecolari incastrati fra loro e progettato per funzionare come un ingranaggio. Poiché le molecole sono oggetti nanometrici (1 nanometro = 1 milionesimo di millimetro), si tratta di un dispositivo di dimensioni estremamente ridotte: sicuramente l’ingranaggio più piccolo mai prodotto nella Terra dei Motori.
“La trasmissione e la trasformazione di movimenti nanometrici nelle molecole biologiche sono alla base delle principali funzioni degli organismi viventi. Ciò nonostante, questi fenomeni sono poco conosciuti nelle molecole artificiali perché sono estremamente difficili da pianificare e da osservare. La realizzazione di ingranaggi molecolari come NanoGear è un primo passo verso lo sviluppo di dispositivi meccanici super-miniaturizzati basati su motori molecolari, con potenziali applicazioni rivoluzionarie in diversi settori della tecnologia e della medicina”, afferma Alberto Credi.
L’ingranaggio
La molecola di NanoGear appartiene alla classe dei rotassani ed è costituita da tre componenti: un anello che può scorrere lungo un asse al centro del quale è installato un rotore. “L’anello è libero di scorrere lungo l’asse per tutta la sua lunghezza, ma non può sfuggire perché due gruppi ingombranti (stopper) posizionati alle estremità dell’asse gli impediscono di sfilarsi. Il rotore è libero di ruotare attorno al proprio asse e possiede due pale differenti per facilitare l’osservazione del movimento”, spiega Massimo Baroncini. “L’elemento progettuale principale di NanoGear risiede nel fatto che il rotore è legato direttamente all’asse con un legame chimico (covalente) vero e proprio, mentre l’anello è bloccato meccanicamente intorno all’asse dalla presenza degli stopper. Sia la traslazione dell’anello che la rotazione delle pale sono oscillazioni casuali determinate dall’energia termica della molecola; in altre parole, l’ingranaggio non è accoppiato a nessun motore ed opera “in folle”. Per osservare i movimenti e misurarne le velocità sono state usate raffinate tecniche di risonanza magnetica nucleare”.
Alla temperatura di 65 °C l’anello oscilla linearmente da un capo all’altro dell’asse circa 7 volte al minuto, passando sopra il rotore, mentre nello stesso lasso di tempo quest’ultimo compie circa 260 rotazioni. Pertanto i due moti non sono sincronizzati, ma si influenzano reciprocamente, come dimostrato da esperimenti compiuti su molecole simili a NanoGear, ma prive di rotore o di anello. Un altro risultato significativo e inatteso è l’effetto del mezzo in cui si trova la molecola: cambiando il solvente, uno dei due movimenti viene rallentato, mentre l’altro risulta accelerato. Questa specie di “lubrificazione specifica”, che non trova corrispondenze nel mondo macroscopico, costituisce una delle proprietà non convenzionali dei nanodispositivi che potrebbero condurre a radicali innovazioni tecnologiche.
Il progetto
Le macchine molecolari artificiali, premiate con il Nobel per la Chimica nel 2016, convertono l’energia proveniente da una sorgente in movimenti nanometrici controllati e sono uno dei risultati più eclatanti delle nanotecnologie. Per poter sfruttare tali movimenti è tuttavia necessario disporre di elementi passivi in grado di modificarli e trasmetterli ad altri componenti, proprio come succede nei dispositivi macroscopici. Nel compiere queste ricerche i chimici operano alla stregua degli ingegneri e degli architetti, manipolando però sistemi un miliardo di volte più piccoli, dal momento che i loro “mattoncini” sono atomi e molecole.
NanoGear è il risultato di un progetto nato circa cinque anni fa e si inserisce in un’attività di ricerca nella quale il Center for Light Activated Nanostructures (Clan), un laboratorio congiunto dell’Università di Bologna e del Cnr, è leader internazionale. NanoGear è stato realizzato grazie ad un Advanced Grant del Consiglio Europeo della Ricerca (ERC), il finanziamento per la ricerca scientifica più prestigioso in Europa. In passato il laboratorio aveva già attirato l’attenzione dell’opinione pubblica sviluppando pompe (Nature Nanotechnology, 2015) e spugne (Nature Chemistry, 2015) molecolari azionate dalla luce. Il ruolo centrale della ricerca scientifica bolognese nella ricerca sulle macchine molecolari è stato suggellato dall’evento “MolecularMachinesDays”, tenutosi a Bologna nel novembre 2018 con la partecipazione dei tre vincitori del Premio Nobel per la Chimica 2016.
Il risultato
La realizzazione di dispositivi artificiali costituiti da molecole è di grande interesse per lo sviluppo della nanotecnologia. “Come dimostrato dai risultati ottenuti negli ultimi anni in laboratori di tutto il mondo, con la nanotecnologia potremo avere materiali più leggeri e resistenti, computer e robot più piccoli e potenti, migliori sistemi per trasformare e immagazzinare l’energia, nuovi metodi per la terapia e la diagnostica medica”, dice in conclusione Alberto Credi. “NanoGear è un passo piccolo ma significativo in questa direzione. Anche se al momento è difficile individuare un utilizzo specifico di NanoGear, queste ricerche di base hanno un potenziale rivoluzionario per la scienza e la tecnologia che va ben oltre l’applicazione pratica di breve termine”.