Gestione rifiuti, è urgente accelerare su transizione ecologica e economia circolare per le policy europee e mondiali. Lo rileva lo studio “Da NIMBY a PIMBY: economia circolare come volano della transizione ecologica e sostenibile del Paese e dei suoi territori”, realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con A2A. Dietro l’angolo – 3 anni – l’esaurimento della capacità delle discariche, servono oltre 4,5 miliardi per colmare il gap impiantistico nel settore.
La ricerca identifica i gap esistenti nei territori del Paese rispetto alla gestione dei rifiuti e analizza i fabbisogni impiantistici per la frazione organica, per il recupero energetico dei rifiuti non riciclabili e dei fanghi di depurazione, e per le bioenergie. Vengono inoltre quantificati gli investimenti necessari per superare le attuali criticità ed evidenziati i relativi benefici economico-ambientali.
L’auspicato passaggio dal fenomeno del NIMBY (Not In My Back Yard) – che indica la preferenza dei cittadini a localizzare impianti in luoghi distanti dalla propria quotidianità – al PIMBY (Please In My Back Yard) richiede di sfatare i falsi miti che bloccano la realizzazione delle infrastrutture favorendo meccanismi come il “Dibattito Pubblico”, previsti nel Codice degli Appalti, e comprimere i tempi della burocrazia per avviare le opere necessarie, in particolare nel Centro-Sud Italia, sia ad oggi che in prospettiva.
“Il Mondo intero sta consumando troppe risorse naturali, troppo velocemente, e parallelamente continua a produrre rifiuti. Ma mentre in Italia fa fatica ad affermarsi una visione di crescita impiantistica, altri Paesi accelerano sul riciclo e sviluppano impianti di recupero energetico” – dice Marco Patuano, presidente di A2A – “Affinché l’Italia possa raggiungere i target fissati dall’Europa in ambito economia circolare è necessario investire fino a 4,5 miliardi di Euro in infrastrutture dedicate al trattamento dei rifiuti per i quali non sarà difficile trovare finanziamenti privati. A tale proposito saranno fondamentali gli sviluppi del regolamento sulla tassonomia delle attività eco-compatibili, delineato dal Parlamento Europeo con lo scopo di indirizzare gli investimenti del settore. Infine, per realizzare una vera economia circolare nel Paese è indispensabile superare la sindrome NIMBY costruendo un dialogo fra istituzioni, cittadini e imprese per una efficace collaborazione.”
“L’economia circolare rappresenta una priorità nazionale. Una gestione virtuosa dei rifiuti produce benefici concreti: tutela l’ambiente e migliora la qualità della vita delle persone, offre un contributo alla transizione energetica e valorizza le risorse locali e l’indotto a beneficio dei territori” – commenta Renato Mazzoncini, ad di A2A – “Crediamo che sia necessario un approccio pragmatico per colmare il gap impiantistico e rendere possibile l’uso circolare delle risorse, unica modalità di crescita sostenibile. Il nostro piano industriale decennale prevede 6 miliardi di investimenti per l’economia circolare, siamo pronti a fare la nostra parte con progetti mirati nelle zone del Paese carenti dal punto di vista impiantistico. In questo scenario, i capitali dei privati utili allo sviluppo del settore necessitano di due condizioni: un contesto regolatorio adeguato e un fondo di garanzia statale che tuteli dal rischio.”
Nei prossimi 3 anni si esauriranno le discariche in Italia: conferito ogni anno un volume di rifiuti pari a 26 volte il Duomo di Milano
L’analisi evidenzia che la capacità residua delle discariche in Italia si esaurirà nei prossimi 3 anni – con differenze significative tra Nord (4,5 anni) e Sud (1,5 anni) – annualmente vengono conferiti 17,5 milioni di tonnellate di rifiuti (urbani e speciali) che corrispondo a 26 volte il volume del Duomo di Milano. Il Paese è ancora lontano dall’obiettivo europeo del 10% di conferimento di rifiuti urbani in discarica al 2035, fissato dal Circular Economy Action Plan, e si attesta nel 2019 al 20,9%. Nel complesso, si tratta di un valore 30 volte superiore a quello dei best performer europei (Svizzera, Svezia, Germania, Belgio e Danimarca) che vi ricorrono in media per lo 0,7% del totale dei rifiuti. Prendendo in considerazione solo la FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) lo studio mostra come, per raggiungere l’obiettivo di riciclo effettivo del 65% al 2035 fissato dal Circular Economy Package, sia necessario raccogliere e trattare tutta la quantità prodotta. Ne discende la necessità di poter gestire questa tipologia di rifiuti recuperando materia (compost) ed energia (biogas) per ulteriori 3,2 milioni di tonnellate di FORSU – il 50% in più dei volumi attuali – e, di conseguenza, realizzare tra i 31 e i 38 nuovi impianti di trattamento, per un investimento complessivo di 1,1 – 1,3 miliardi di Euro. Alla luce dei gap attuali, l’80% delle opere dovrà, inoltre, essere localizzato al Centro-Sud del Paese.
Lo sviluppo del biometano per accelerare la decarbonizzazione
Con lo sviluppo di infrastrutture dedicate al trattamento della FORSU è inoltre possibile abilitare una produzione di biometano fino a 768 milioni di m3 ottenuto dalla purificazione del biogas. Il biometano rappresenta un’importante componente per la decarbonizzazione su cui l’Italia ha un forte potenziale (circa 8 miliardi di m3 negli scenari di mercato, ovvero il 10% della domanda nazionale di gas) per cui occorrerebbe valorizzare anche lo sviluppo delle componenti agricole, agro-industriali, effluenti zootecnici e sottoprodotti di origine animale.
Il recupero energetico per il raggiungimento dei target europei
Lo studio dei fabbisogni impiantistici ha previsto anche un’analisi del recupero energetico dai rifiuti urbani e dai fanghi di depurazione. Per chiudere il ciclo ambientale, la quota dei rifiuti urbani non recuperabile come materia necessita di essere recuperata come energia: l’Italia oggi riesce a farlo per il 19,6% del totale, a fronte del 45,4% dei Paesi europei che hanno già ridotto il conferimento in discarica sotto il 5%. La ricerca quantifica pertanto in ulteriori 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti il fabbisogno italiano di recupero energetico necessario per il raggiungimento dei target europei. Dall’analisi dei dati su base regionale emerge, infatti, che 17 regioni italiane avranno a tendere un gap impiantistico per questo tipo di attività, per colmare il quale il Paese necessita di 6-7 nuovi termoutilizzatori per i rifiuti urbani, per un investimento complessivo di 2,2 – 2,5 miliardi di Euro. Il potenziale di recupero di energia dei fanghi di depurazione – il principale residuo dei trattamenti depurativi delle acque reflue – ammonta, inoltre, a 2,4 milioni di tonnellate che possono essere gestite grazie alla realizzazione di 8 linee aggiuntive in impianti esistenti e con un investimento di circa 700 milioni di Euro.
I benefici economici e quelli ambientali
Secondo lo studio, i benefici derivabili dal superamento dei problemi legati alla gestione dei rifiuti in Italia sono significativi sia dal punto di vista economico che ambientale. A fronte di un investimento fino a 4,5 miliardi di Euro, l’analisi quantifica in 11,8 miliardi di Euro di indotto economico, pari a un moltiplicatore di 2,6 Euro generati nell’economia per ogni Euro di impatto diretto, con un gettito IVA potenziale di 1,8 miliardi di Euro. La realizzazione di impianti per il trattamento della frazione organica determina inoltre un beneficio economico rilevante nelle Regioni con i minori tassi di raccolta differenziata, permettendo una riduzione della TARI per un valore complessivo superiore a 550 milioni di Euro.
Dal punto di vista ambientale, lo studio arriva alla conclusione che colmare il gap impiantistico per il recupero energetico dei rifiuti urbani e dei fanghi di depurazione permetterebbe un risparmio netto complessivo di 3,7 milioni di tonnellate di emissione di CO2 rispetto al conferimento in discarica degli stessi. Grazie alla produzione elettrica associata, si determinerebbe inoltre un incremento di 0,7 punti percentuali della quota di energie rinnovabili sulla generazione complessiva del Paese, contribuendo così alla transizione energetica.
“Il quadro di riferimento europeo del Circular Economy Package è un forte stimolo a colmare i gap impiantistici esistenti promuovendo la transizione ecologica dei territori italiani”, dichiara Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti. “Dobbiamo ridurre con urgenza il conferimento in discarica dei rifiuti urbani che – con il 21% medio nazionale, ma con forti difformità regionali che vanno dal 58,0% in Sicilia al 4,9% in Emilia-Romagna – ci posiziona oggi su livelli 30 volte superiori ai best performer europei. Solo colmando il gap impiantistico per frazione organica e recupero energetico si può abbattere il ricorso alla discarica abilitando ricadute economiche complessive per il Paese pari a 11,8 miliardi di Euro e con un risparmio di emissioni di 3,7 milioni di tonnellate di CO2”