“Le imprese che puntano sul digitale hanno resistito meglio all’impatto della crisi, sono più resilienti e mostrano performance aziendali nettamente migliori rispetto a chi non ha investito in tecnologie digitali: +30% gli utili, + 19% il valore aggiunto”: lo dice Orlando Taddeo, ceo di Mexedia, la tech company quotata in Francia sul listino Euronext Growth Paris e diventata da maggio Società Benefit, nel presentare il focus su “Digitalizzazione e Imprese in Italia” elaborato dall’Osservatorio Mexedia sulla Digitalizzazione.
“Le tecnologie digitali – dice Taddeo – hanno un impatto positivo sulla performance delle imprese. Il nostro Osservatorio ha condotto un’analisi per valutare gli effetti della digital transformation sulla dinamica economica delle imprese. Partendo da un’analisi dei bilanci aziendali nell’ultimo quinquennio disponibile (2015-2020) è emerso che le imprese che avevano negli anni scorsi investito in digitalizzazione hanno raggiunto un utile netto maggiore del 30% rispetto alla media delle imprese (incluse quelle non digitalizzate) e il valore aggiunto è risultato più alto del 19%”.
“Viviamo in un mondo intelligente – spiega – in cui tutto è connesso; il valore della connettività sta divenendo sempre più decisivo e l’economia digitale è in piena espansione. Le nuove tecnologie digitali hanno cambiato il modo in cui si lavora, si comunica, si pensa. Negli ultimi tre decenni, il circolo virtuoso delle scoperte tecnologiche è diventato un motore centrale per la crescita economica globale e la loro importanza sta crescendo, soprattutto in conseguenza della crisi pandemica che ha imposto una maggiore adozione di tali nuove tecnologie. Una tendenza che è stata evidenziata anche dal World Economic Forum secondo il quale, entro quest’anno, quasi il 60% del PIL mondiale potrebbe essere generato da attività digitali, intese come l’insieme di beni e servizi correlati all’economia digitale. Su un trend di crescita globale, il ricorso a queste tecnologie è stato accelerato dalla pandemia e dalle misure introdotte per contenere la diffusione del contagio. Le limitazioni negli spostamenti, la distanza sociale e la ridotta mobilità degli individui hanno reso necessario uno straordinario ricorso allo smart working, all’insegnamento a distanza, alla diffusione dell’e-commerce”.
La digitalizzazione nelle imprese
I dati dello studio di Mexedia sono collegati a quanto rilevato dall’ISTAT sulla diffusione della digitalizzazione nelle imprese e riportato nella nota “Imprese e ICT – anno 2021” diffusa a gennaio scorso.
Il report ha fotografato la situazione delle PMI sul fronte digitale rilevando come l’80% delle imprese italiane con almeno 10 addetti si collochi ancora a un livello ‘basso’ o ‘molto basso’ di adozione dell’ICT. Nell’area del commercio elettronico i progressi sono molto lenti: solo il 18% delle PMI ottiene dalle vendite on-line almeno l’1% del fatturato; è in arretramento l’adozione di software per la condivisione di informazioni tra funzioni aziendali diverse (Erp, Enterprise Resource Planning) passata dal 37% del 2017 al 32%, in controtendenza rispetto all’andamento della media Ue27 dove la quota invece è salita al 39%; dall’altra parte, però, importanti accelerazioni si sono avute nell’adozione di servizi cloud di livello intermedio o sofisticato (52% delle PMI) e nell’utilizzo di almeno due social media (27%; +10 punti percentuali rispetto al 2017).
“Questo dato mostra che la strada da percorrere è ancora lunga – rileva Taddeo – soprattutto nell’adozione di alcune tecnologie digitali. Durante la pandemia e-commerce, social network e canali digitali hanno avuto un ruolo cruciale per le aziende, perché sono stati l’unico punto di contatto col cliente. Ciò ha indotto molte imprese a curare la visibilità oltre a migliorare servizi digitali per la clientela, come newsletter, corsi e consulenze a distanza, consegna a domicilio e vendita online. Tuttavia, ancora tre quarti delle imprese con almeno tre impiegati non è interessata a migliorare tali aspetti. Questa mancanza di strategia significa per le imprese essere più esposte ai rischi, essere meno produttive e meno competitive, riducendo così le potenzialità di crescita futura”.
Colmare i ritardi del nostro Paese sulla diffusione delle tecnologie digitali è un fattore determinante per poterne migliorare la posizione competitiva nel contesto internazionale e accelerare la crescita della produttività, soprattutto nel settore pubblico che si caratterizza da sempre per bassi livelli di efficienza nell’utilizzo delle risorse.
“Implementare nuove tecnologie o aumentare il tasso di digitalizzazione delle imprese – aggiunge Taddeo -genera benefici significativi sulla performance aziendale e sulla competitività, in quanto migliora la produttività del lavoro. Nel Rapporto Annuale Istat del 2021 si spiega come l’implementazione di tecnologie digitali abbia consentito alle imprese di superare con minori difficoltà o addirittura senza cali di fatturato la fase acuta della crisi pandemica. Le imprese che hanno investito di più sulla trasformazione digitale, hanno registrato performance di business migliori rispetto alla media. Le analisi del nostro Osservatorio mostrano come puntare al digitale generi un effetto positivo che fa da volano alla crescita del sistema economico. Il PNRR rappresenta, da questo punto di vista, un’occasione irripetibile per poter accelerare la transizione verso un sistema-Paese più moderno e competitivo. Sul piano del digitale il Piano prevede investimenti per circa 48 miliardi di euro (quasi il 25% del totale). Non perdiamo questa occasione, come avvenuto in passato sull’utilizzo dei fondi europei, in buona parte andati persi”.
“La digitalizzazione – conclude – ha consentito il rispetto dei vincoli imposti per limitare la diffusione del Covid-19 e promosso nuovi canali di business, indispensabili anche per la ripresa post-pandemica. Questo trend è destinato a consolidarsi nei prossimi anni anche grazie alla crescita della popolazione digitale e della qualità e diffusione di connessioni a banda larga. Lo “sforzo” indotto dalla pandemia ha determinato, dunque, l’introduzione di nuovi modelli di gestione del business e nuove abitudini di comportamento degli individui. Tutto ciò ha avuto effetti positivi non solo per le imprese, divenute più efficienti e resilienti agli shock, ma anche per gli individui, per i quali alcuni aspetti della gestione della vita quotidiana sono divenuti meno problematici”.