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IL BIOMETANO PER IL MIX ENERGETICO, SALMASO (SEBIGAS): FONDAMENTALE, MA IN ITALIA MANCANO STRATEGIE ED AZIONI

La guerra in Ucraina e la crisi energetica che sta attraversando l’Europa sono solo gli ultimi elementi che caratterizzano un quadro geopolitico frammentato e incerto. Incerto ancor più in Italia, dove le misure del PNRR non sembrano essere affiancate da una manovra stringente. Oggi, una manovra stringente è ormai indispensabile. In tutto questo, e con particolare riguardo al tema del mix energetico necessario all’Italia per contrastare la crisi, qual è il ruolo e il potenziale del biometano? “Fondamentale”, risponde Roberto Salmaso, general manager di Sebigas, da meno di due anni entrata nell’orbita del Gruppo cinese Tica (nel 2019, 830 milioni di fatturato) che con questa acquisizione punta a rafforzarsi sul mercato delle rinnovabili. Mentre Sebigas, dal 2020, ha riequilibrato i suoi impegni nei settori di applicazione: agricolo, industriale, waste. Selmaso, riguardo al biometano in Italia, non usa però mezzi termini: “Non vedo un impegno adeguato da parte di chi deve dettare strategie e azioni”.

“Stanno tentando di spiegarci – dice Salmaso – che il conflitto tra Ucraina e Russia ha ridisegnato il concetto di globalizzazione tanto da spingere i singoli Stati a valutare le inter-dipendenze e le proprie strategie di produzione tra cui, ovviamente, quella energetiche. Sono convinto piuttosto che la globalizzazione ha parzialmente fallito nel proprio intento acuendo le disparità tra popoli, economie e stati g-localizzando poteri su pochi. Un processo attivato da qualche decennio e sul quale nessuno o pochi hanno agito concretamente nell’imporre equi scambi. La transizione energetica segna il passo. Oggi pretendiamo di fare in qualche anno tutto ciò che avremmo potuto (e dovuto) fare negli ultimi tre decenni. Il nostro impegno come operatori è massimo: si investe, si innova, si traina un settore, quello delle rinnovabili, che viaggia a velocità ridotta ma non vedo un altrettanto “commitment” da parte di chi deve dettare strategie e compiere azioni. Mi domando perché nel nostro Paese non si riescano ad anticipare scelte ma si debba sempre andare oltre il tempo massimo”

Ma qual è l’attuale produzione di gas in Europa? “Oggigiorno – risponde Salmaso -, l’ammontare della produzione di gas naturale in Europa è inferiore al 15% rispetto alla domanda: in particolar modo a livello nazionale, la forte dipendenza dagli approvvigionamenti dall’estero ha provocato un evidente incremento del costo dell’energia, a ripercussione di imprese e famiglie.
La produzione di “Biometano Made in Europe” e una crescente indipendenza, a tal proposito, consentirebbe non solo la riduzione dei costi energetici, ma anche di produzione”.


Una soluzione, fa capire, che andrebbe a supporto di imprese e cittadini: “L’immediata applicazione delle misure previste dal PNRR potrebbe garantire la produzione di oltre 4 miliardi di metri cubi di biometano al 2026, pari a circa il 30% dell’obiettivo del nostro governo di sostituzione delle forniture di gas naturale importato dalla Russia. Nello specifico, il comparto agricolo potrebbe ricoprire un ruolo di centralità nella produzione di biogas da destinare al mercato elettrico. Basti pensare che gli impianti agricoli esistenti potrebbero garantire un incremento di produzione di 600 milioni di metri cubi di biogas nel mix energetico, corrispondenti a circa il 15% dell’attuale produzione”.

“Il nuovo piano Europeo REPowerEU – spiega – si concentra proprio su due punti principali: daversificare la supply chain e puntare maggiormente su gas rinnovabili, tra cui proprio il biometano; Accelerare la transizione energetica: produrre energia da fonti rinnovabili significa creare indipendenza, rendere il mercato del gas più affidabile e accessibile”.

E allora, guardando agli scenari futuri “Incrementare la produzione di biometano in Europa potrebbe portare almeno 34 billion cubic meter di gas rinnovabile entro il 2030 se opportunamente sostenuto da un framework legislativo. Questo quantitativo rappresenterebbe circa il 10% della domanda di gas totale in EU entro in 2030. Ma non solo, entro il 2050 potrebbe raggiungere il 30-50% e coprire oltre i 100 miliardi di metri cubi”.

Vantaggi, quelli del biogas, molteplici: “Innanzitutto economici. Ricorrendo al biometano, le aziende possono creare un’economia circolare sfruttando in maniera intelligenza i loro scarti. Un’azienda agricola per esempio può valorizzare il refluo da stalla producendo un fertilizzante organico di qualità, integrando il reddito della società mediante la vendita dell’energia elettrica o utilizzando la stessa per autoalimentarsi. Sfruttare questa opportunità è una delle soluzioni che meglio si presta a soddisfare sia la sostenibilità economica che quella ambientale. Di rilevanza, la recente misura stanziata dal decreto legge 21 del 21 marzo scorso, che determina la possibilità di sostituire i fertilizzanti di origine chimica con il digestato equiparato derivante dagli impianti biogas, limitandone considerevolmente i costi di approvvigionamento e consentendo alle aziende agricole di sfruttare a pieno le proprie risorse.Da ultimo, la recente approvazione della Camera del DL Energia ha introdotto nuove misure volte al rilancio delle politiche industriali, e la valorizzazione dei sottoprodotti agroindustriali, quali i sottoprodotti della lavorazione della birra, dell’industria della panificazione, di frutti e semi oleosi e molti altri. L’emendamento consente in questo modo di ampliare la gamma di sottoprodotti idonei all’alimentazione di impianti biogas e biometano, e all’impiego agronomico del digestato”.

Ma poi, anche vantaggi ambientali: “Il biometano rispetta di più l’ambiente, poiché riduce drasticamente le emissioni di CO2, abbatte i rifiuti e crea una filiera di fertilizzanti e ammendanti. ,Sotto il profilo della CO2 le emissioni di un veicolo a biometano sono il 97% in meno di quelle di un veicolo alimentato a benzina. Inoltre, pensando al solo comparto agroalimentare, avremmo un duplice effetto: da un lato il comparto ridurrebbe le proprie emissioni di 12,4 milioni di tonnellate di CO2 al 2030 (-32%) e dall’altro, non ricorrendo a fonti energetiche fossili, eviterebbe ulteriori 19 milioni di emissioni di CO2. Una riduzione complessiva di oltre 31 milioni di tonnellate, equivalente a quelle generate da 18,5 milioni di autovetture, vale a dire la metà del parco auto nazionale”. Infine, vantaggi sociali, se solo si pensa che “Lo sviluppo della produzione di biogas in Italia ha generato 12mila nuovi posti di lavoro ed entro il 2030 potrebbe crearne altri 25mila: Il settore a livello globale impiega 334.000 addetti ad oggi”.

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